In programma nei giorni:
gio 5 mar 2020 ore 21:00
La ragazza d’autunno
regia
Kantemir Balagov
cast
Viktoria Miroshnichenko, Vasilisa Perelygina, Andrey Bykov, Igor Shirokov, Konstantin Balakirev, Kseniya Kutepova, Olga Dragunova, Timofey Glazkov, Alyona Kuchkova, Veniamin Kac, Denis Kozinets, Alisa Oleynik, Dmitri Belkin, Lyudmila Motornaya, Anastasiya Khmelinina
durata
120
nazione
Russia
uscita
9 gennaio 2020
genere
Drammatico, Guerra
distribuzione
Movies Inspired
produzione
AR Content, AR Content, Non-Stop Productions
Film d'essai:
--
giudizio CNVF
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La ragazza d’autunno, film diretto da Kantemir Balagov, è ambientato nella Leningrado del 1945, sul tramonto di una Seconda guerra mondiale che ha distrutto la città, abbattuto i palazzi e soprattutto ha annientato la sua popolazione, tra chi è morto sotto i duri colpi dell’assedio e chi invece è morto dentro. In questo clima così oscuro, nel quale la vita e la morte continuano a lottare imperterrite tra loro, vivono due donne, Iya (Viktoria Miroshnichenko) e Masha (Vasilisa Perelygina). Mentre si affannano ad avanzare su una strada fatta di detriti e rovine, le due cercano di ricostruire le loro esistenze, confidando nella speranza di superare l’accaduto e di riuscire andare avanti.

Leningrado, 1945. La guerra è finita ma l’assedio nazista è stato feroce e la città è in ginocchio. Iya è una ragazza bionda, timida e altissima, che ogni tanto si blocca, per un trauma da stress. Lavora come infermiera in un ospedale e si occupa del piccolo Pashka. Ma quando la vera madre del bambino, Masha, torna dal fronte, lui non c’è più. Spinta psicologicamente al limite dal dolore e dagli orrori vissuti, Masha vuole un altro figlio e Iya dovrà aiutarla, a tutti i costi. Balagov, non ancora trentenne, è senza dubbio uno dei registi più talentuosi della scena contemporanea, e questo secondo lungometraggio, che segue l’acclamato Tesnota, lo ribadisce e conferma. Difficile pensare ad un uso del colore più elegante, eloquente ed emozionante, o ad un cinema che trasudi altrettanta verità, tanto che pare di sentirne l’odore, l’aria intrisa di polvere, gli sbalzi di temperatura tra esterni e interni, il leggero graffio della lana grezza sulla pelle. In anni in cui il contenuto è tornato al centro dell’interesse dei registi, e i loro virtuosismi si manifestano soprattutto nella ricerca di nuove formule del racconto, Beanpole riporta prepotentemente la forma in primissimo piano, rischiando la maniera, a volte sì, ma costruendo, nelle scene chiave, momenti indelebili di grande cinema. La prima parte del film è la migliore: Iya, la “giraffa”, è ancora al centro della scena, col suo corpo-mistero, strumento di pace e arma di morte, e la strana coppia che forma con il bambino, vittima sacrificale e metafora di un’innocenza impossibile, contiene tutta l’emozione che il film poi non offrirà più, infilando la via algida della relazione morbosa e manipolatoria, che è propria della coppia Iya-Masha. Ma le scene dell’ospedale e della vita domestica, nelle cucine condivise e nei pianerottoli di passaggio, e il gioco che scolora nella tragedia, non si dimenticano e nutrono l’intero film.

Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 22 gennaio 2020 .