In programma nei giorni:
ven 6 mag 2016 ore 21:00
sab 7 mag 2016 ore 21:00
dom 8 mag 2016 ore 16:30
dom 8 mag 2016 ore 21:00
The Dressmaker – Il diavolo è tornato
regia
Jocelyn Moorhouse
cast
Kate Winslet, Judy Davis, Liam Hemsworth, Hugo Weaving, Caroline Goodall, Sarah Snook, Kerry Fox, Rebecca Gibney, James Mackay, Olivia Sprague
durata
118
nazione
Australia
uscita
28 aprile 2016
genere
Commedia sentimentale
distribuzione
Eagle Pictures
produzione
Film d'essai:
Si
giudizio CNVF
altre info su

The Dressmaker è ambientato nel 1951. Tilly Dunnage, affascinante e talentuosa stilista, dopo aver lavorato per anni per i più grandi atelier parigini di haute couture, decide di far ritorno a Dungatar, un piccolo paesino nel sud est dell’Australia. Dopo quasi 20 anni di assenza, Tilly, che, ancora bambina, ha dovuto abbandonare la città natale in seguito a un tragico evento, torna per stare accanto all’eccentrica madre, Molly, e affrontare un passato scomodo e doloroso. Nel cuore di Tilly matura un desiderio di vendetta. A Dungatar tutti conoscono Tilly. Ottusi, curiosi, scontrosi e poco socievoli, gli abitanti di Dungatar difendono un equilibrio precario, consapevoli che nessun segreto è davvero al sicuro. Il ritorno di Tilly in città fa vacillare questo labile equilibrio. La minaccia si veste di strane ed esotiche stoffe, giunte dalla Francia fino a Dungatar a bordo di cassapanche cariche di tessuti. Nel frattempo Tilly si innamora di Teddy, uomo dall’animo puro e sincero e, armata di ago, filo e grande esperienza, trasforma le donne di Dungatar, l’angusta città natale, infliggendo una sottile vendetta ai suoi detrattori.

Tilly è tornata. Da Dungatar, paesino desertico di qualche centinaio di anime in cui è nata e cresciuta, era stata cacciata decenni prima, per un incidente che l’ha traumatizzata al punto da averlo rimosso e ora ci torna come affermata stilista. Siamo nel 1951 e Tilly porta con sè una ventata di modernità, di abiti su misura alla moda che mettono in risalto le forme di donne che parevano aver dimenticato tutto, chiuse nel bigottismo locale. Non si tratta però di un ritorno pacifico. Fare vestiti per gli abitanti di Dungatar è solo un modo per iniziare a scoprire cosa ci sia nel suo passato, cosa abbia fatto impazzire sua madre, perché ancora venga insultata e in ultima analisi, vendicarsi.Sostituire alle pallottole i vestiti, usare cioè le armi dell’esaltazione del corpo tramite la stoffa per vendicarsi, è la maniera in cui Jocelyn Moorhouse adatta la storia del romanzo omonimo di Rosaline Ham. Nell’outback australiano la regista cerca e trova le badlands del west, quel misto di desolazione ed isolazione che rende necessaria una presa di posizione etica. Dalla sua casa che domina una comunità stretta attorno al farmacista, al sindaco e all’insegnante elementare, Tilly è il baricentro morale del film e promette quello che il paesino non aveva mai conosciuto e invece lei ha imparato oltreoceano: la liberazione del corpo dal giogo dell’ottusità mentale. Come in un film di Nagisa Oshima il vero potenziale di The dressmaker sta nella forza distruttiva che la legge dell’attrazione fisica esercita sugli uomini. Nonostante la dirittura morale della protagonista, alla fine ciò che incrina Dungatar sono i centimetri di pelle lasciata esposta dai suoi vestiti, i fianchi scolpiti e i look ammiccanti che crea, sono quelli a cambiare l’ordine sociale e portare i ricchi a sposare i poveri. Ma è solo un dettaglio purtroppo.Il vera tema del film è quello del ritorno ed è illustrato perfettamente dalla prima scena che, ottemperando all’estetica western, vede un treno arrivare nella notte con un passeggero inquadrato solo per dettagli (tra cui la Singer, come fosse un Remington o un Winchester). Invece il segreto che macera nel passato della protagonista è il MacGuffin che spinge Tilly a prendere di petto la coscienza locale. The dressmaker quindi promette scintille fin da questo doppio movimento, cioè dalla maniera in cui Kate Winslet (in forma e combattiva come sempre, forse una della attici più costanti del cinema contemporaneo) combatte la piccolezza tramite la seduzione delle menti e dal modo in cui sembra che l’egoismo di provincia vinca comunque. Affascinata da Tilly e dal suo potere liberatorio ma ferma nella sua condanna bigotta, la comunità incarna la parte migliore di un film che come può evade dai propri doveri. Evade nel romantico, nel ruffiano e nel gentile. Evade nel prevedibile e nel quieto. Purtroppo proprio queste piccole evasioni gli impediscono di mettere in scena la seconda parte con la malvagità e il cinismo che i suoi presupposti avrebbero meritato. The dressmaker aveva la trama giusta per un regista corrosivo spagnolo o anche le svolte adatte per una parodia britannica. Ancora il film poteva prestare il fianco alla satira di costume, ma Jocelyn Moorhouse rifiuta ognuno di questi possibili percorsi e, sebbene mostri di aver capito bene le parti più spinose e potenzialmente esaltanti della storia, nel lungo finale si lascia conquistare da un sentimentalismo non supportato dall’adeguata coerenza con lo spunto della trama.

Commento tratto da www.mymovies.it - Scheda pubblicata il 2 maggio 2016 .